Agnes Heller, filosofa
ungherese tra i più
autorevoli pensatori della
modernità, Richard Sennett
sociologo americano e consigliere
di Barack Obama, Saskia Sassen,
esperta internazionale di
sociologia delle metropoli
e dei flussi migratori, Marc
Augé, celebre etnologo e antropologo,
Colin Crouch sociologo e politologo
della “postdemocrazia”, Monsignor
Bashar Warda arcivescovo di
Erbil nel Kurdistan iracheno,
sono alcuni dei grandi nomi
che dal 5 al 15 maggio si
ritroveranno a Bergamo per
l’edizione 2016 di Bergamo
Festival FARE LA PACE.
In programma un ricco calendario
di appuntamenti, tra incontri,
lectio magistralis, seminari,
mostre, concerti e laboratori.
Il tema dell’edizione
2016 si inserisce
nel complesso contesto di
definizione del valore della
pace, filo conduttore della
kermesse: ogni giorno nel
mondo vengono erette nuove
barriere mentre in altre aree
del pianeta, confini considerati
stabili diventano incapaci
di contenere i nuovi flussi
migratori.
Studiosi di fama internazionale,
intellettuali, storici, politici
e giornalisti dialogheranno
e si confronteranno con il
pubblico su questioni di grande
rilevanza e attualità, per
capire come sia possibile
“costruire la pace” in uno
scenario contemporaneo sempre
più dominato da incertezze
e conflitti.
“Costellazione Provvisoria”,
una mostra di Emanuele
Dottori
In occasione del Festival,
nel Foyer del Centro Congressi
Giovanni XXIII fino al 15
giugno si svolgerà la mostra
“Costellazioni Provvisoria”
di Emanuele Dottori. In esposizione,
un’installazione di sei grandi
quadri, dipinti a olio su
tessuto nero, il cui tema
centrale è la città contemporanea
osservata durante le ore notturne;
le città prese in considerazione
sono Dresda e Bagdad, che
hanno sofferto in passato
e che ci mostrano oggi il
loro aspetto ricostruito e
talora avanguardistico, fino
alla cronaca recente: l’ultimo
coppia di quadri, posti al
centro uno sull’altro, è una
ferita aperta e rappresenta
Gerusalemme e Gaza.
Il titolo “Costellazione Provvisoria”
si riferisce all’aspetto
della città vista dall’alto
o dal satellite, che appare
come un firmamento in cui
le stelle sono le luci delle
strade e delle case; così
quella costellazione, assai
più precaria delle stelle,
rappresenta l’umanità: un’idea
di fragilità che si ripercuote
sulle immagini scelte per
i quadri.