Così
lontano così vicino
#2
a cura di Ilaria Mariotti
COMUNE
DI SANTA CROCE SULL’ARNO
Provincia di Pisa
Fabio Cresci
I due stampi
Pantani
– Surace
Who’s next, dovrebbe
piovere su di voi e non su
di me
inaugurazione
giovedì 28 giugno ore
19.00 - Villa Pacchiani
- Centro Espositivo
piazza Pier Paolo Pasolini
Santa Croce Sull’Arno
Giovedì
28 giugno alle ore 19.00 presso
il Centro Espositivo
Villa Pacchiani di Santa Croce
sull’Arno si
inaugura la seconda tappa
del progetto Così
lontano così vicino,
un’iniziativa del Comune
di Santa Croce sull'Arno.
Assessorato alle Politiche
ed Istituzioni Culturali
con la sponsorizzazione di
Cassa di Risparmio di San
Miniato, Fondazione Cassa
di Risparmio di San Miniato,
LABOSTUDIO srl.
Il ciclo di mostre
vede esposto all’interno
del Centro Espositivo il lavoro
di artisti del territorio
che partecipano attivamente
ad iniziative di livello nazionale
condividendo percorsi culturalmente
significativi nel panorama
dell’arte presente.
Due le mostre personali
che compongono l’appuntamento,
tre gli artisti invitati:
Fabio Cresci,
(vive e lavora a Marcignana,
nei pressi di Empoli) con
I due stampi, Lia Pantani
e Giovanni Surace, coppia
nel lavoro e nella vita, vivono
e lavorano a Calenzano, con
Who’s next, dovrebbe
piovere su di voi e non su
di me.
Entrambi
gli interventi sono
realizzati appositamente per
Villa Pacchiani, e suggestionati
dal luogo in quanto, un tempo,
spazio domestico: luogo della
quotidianità, delle
relazioni e dei conflitti
più intimi e profondi,
spazio in cui l’individualità
si misura con la forma primaria
di collettività. Ma
alla dimensione privata, evocata,
anche, dall’utilizzo
di materiali, forme ed oggetti
che in qualche modo alla casa
appartengono, rapidamente
il processo coinvolge questioni
legate all’arte, alla
figura dell’artista
e al ruolo dell’arte
e dell’artista all’interno
della società.
Uno stampo per dolci
e pani di alluminio
con una visibile ammaccatura
su un lato costituisce l’inizio
del percorso dell’intervento
di Fabio Cresci.
Con esso sono stati prodotti
in un lungo lasso di tempo
e con l’aiuto dei componenti
della sua famiglia, numerosissimi
pani, portatori, tutti, di
quella falla dello stampo:
l’impronta del colpo
marchia inevitabilmente tutto
ciò che dallo stampo
esce.
I
pani si accumulano sul pavimento,
costruendo un percorso che
si snoda, fino all’ultima
stanza dove, speculare simile
e tuttavia inevitabilmente
diverso, un altro stampo uguale
al primo - ma senza ammaccatura
e sano e integro - conclude
il percorso.
Cresci, nel processo
che caratterizza la sua ricerca,
costruisce ambienti più
che opere, intervenendo nei
luoghi con segni, spesso minimali,
tracce e simboli che trasportano,
nell’esperienza visiva
contingente, una necessità
di richiamare alla responsabilità
individuale riguardo ai fatti
del mondo. L’uomo è
cosa insieme alle altre cose,
nasce inesorabilmente fallata
e, con questa imperfezione,
vive, si relaziona agli altri
(imperfetti anch’essi),
alle cose della natura (forse
più perfette, anche
da un punto di vista formale).
Agli alberi e ai semi delle
piante, ai fiori (di cui Cresci
registra da tempo le perfezioni
matematiche di forma e sviluppo).
In un ciclo vitale che per
il singolo è finito,
o infinitevolmente più
lungo per la collettività,
tutta in orbita in equilibrio
nello spazio e aggrappata
alla Terra. E che, tutta insieme,
ha responsabilità,
spesso disattese, nei confronti
della Terra e degli altri
esseri.
La pratica di riordinare e
di riconnettere è,
quindi, un’attività
taumaturgica, un tentativo
di cura. Nello studio
di Cresci, a Marcignana,
a pochi chilometri da Villa
Pacchiani e sulla riva opposta
dell’Arno, oltre che
al processo del fare dell’artista,
si può godere di questa
esperienza di riorganizzazione
attraverso luoghi allestiti
con i molti lavori appartenenti
a venticinque anni di attività.
Ambienti e opere che scandiscono
il tempo dell’artista,
costituiscono un dispositivo
che modifica la percezione
spaziale e temporale dell’ospite,
ricostruiscono un mondo simbolico
e filosofico complesso.
Nel mese di settembre verranno
organizzate visite guidate
allo studio di Fabio Cresci
come parte integrante del
percorso della mostra.
È
il 2007. Arena di Verona.
Una folla trepidante attende
di assistere all’esibizione
di Pete Townshend e Roger
Daltrey, due componenti del
famosissimo gruppo rock inglese
“The Who”, scioltosi
circa trent’anni prima.
Un concerto rock, una delle
manifestazioni in grado di
muovere quantità impressionanti
di persone attirate dalla
possibilità di avere
un contatto diretto con i
loro idoli musicali. Il concerto
è la forma apparentemente
più democratica di
relazione tra persone del
pubblico e tra queste con
le star che si susseguono
sul palco. Tra scambi di battute
tra cantanti e pubblico. Mantenendo
distanze e misure di sicurezza.
Inizia a piovere violentemente,
il concerto è messo
a rischio. Rimane agli annali
la frase pronunciata da Townshend:
“Dovrebbe piovere
su di voi e non su di me”,
alterando l’evangelico
“Piove sui giusti e
sugli ingiusti”.
Che visualizza, di colpo,
la precisa scala gerarchica
nella comunità del
concerto. Ci sono gli artisti,
sul palco, e c’è
il pubblico. C’è
chi la musica la fa e chi
la ascolta. Tutto è
misurato e calcolato all’interno
di un’apparente libertà
e che comunque lascia margini
ampi di libertà di
azione e interazione immaginativa.
La democrazia e l’uguaglianza
delle azioni che, tutte, contribuiscono
a creare un processo è
vera nei limiti del processo
stesso.
Pantani- Surace
presentano a Villa
Pacchiani un
nuovo ciclo di lavori: tre
serie di specchi.
“Dovrebbe
piovere su di voi e non su
di me”, “Who’s
next “ sono
scritte realizzate incidendo,
dal retro, la superficie del
vetro successivamente specchiato.
Le lettere risultano, quasi,
bolle sotto la superficie
che rimane liscia al tatto.
Un modulo per ciascuna lettera.
Ordine e misura.
Who’s next è
il titolo di un album degli
Who, uscito nel 1971. Chi
sarà il prossimo? O
meglio, per Pantani-Surace,
Come sarà il prossimo?
La domanda poggia non solo
sulla questione dell’identità
personale (la propria immagine
riflessa nello specchio) ma
piuttosto su quali possono
essere gli strumenti dell’arte
per costruire relazioni e
su come tale processo si sviluppa
e si rende concreto.
Il terzo gruppo di
lavori è costituito
da specchi con impronte:
mani, impronte digitali, graffi,
tracce di appoggio. La misura
di questi specchi corrisponde
al piano di gioco di un flipper.
Uno strumento di gioco, ma,
nell’immaginario di
una certa generazione, il
flipper è il mezzo
con cui Tommy, il protagonista
del musical e poi del film
omonimo con musiche degli
Who, reso cieco, muto e sordo
per via di uno shock emotivo
(ha assistito, da bambino,
all’assassinio del padre),
comunica con il resto del
mondo pur in una forma autistica,
ne diventa un campione, costruisce
relazioni.
Il flipper è
un gioco fisico:
il giocatore assume atteggiamenti
di estrema fisicità
con il mezzo che viene spesso
percosso, cavalcato, aggredito.
Al flipper si gioca con le
mani, con il torso, con il
bacino. Il vetro che costituisce
il piano di appoggio registra
questa estrema fisicità
della modalità di gioco.
Tutte le impronte che verranno
dopo (durante il montaggio
o lasciate dai visitatori)
potranno essere rimosse pulendo
la superficie. Solo una parte
della storia dell’oggetto,
tutte le tracce personali,
le manipolazioni potranno
essere cancellate. Rimarranno,
permanenti, solo quelle che
gli artisti hanno deciso di
lasciare, specchiando il vetro
e prima dell’esposizione
dell’oggetto. Rimarrà,
pur nella possibilità
di registrare nuove relazioni,
solo ciò che gli artisti
desiderano che rimanga.
Le due mostre personali, dopo
la pausa estiva, riapriranno
al pubblico il 6 settembre.
Il 22 settembre alle ore 18.00
verranno presentati i cataloghi
di documentazione dei due
progetti.