Dopo
i lavori proseguiti per tre
anni, finalmente il
Palazzo dell’Arengario
ha aperto le sue porte e dal
7 dicembre scorso sta accogliendo
le migliaia di visitatori del
nuovo Museo del Novecento,
al quale ha dato una sede per
l’esposizione di 350
opere d’arte.
Mantenute e restaurate le mura
esterne, con i rilievi di Arturo
Martini, il palazzo
è stato demolito e ricostruito
all’interno, secondo il
restyling ideato dal Gruppo
Rota, guidato da Italo
Rota e da Fabio Fornasari.
Un progetto fondamentale
per la Milano di oggi,
che attraverso questo nutrito
percorso, costruito attingendo
dall’importante repertorio
delle raccolte civiche, riscopre
sé stessa e la sua storia,
quella che nel Novecento,
appunto, l’ha resa grande
e competitiva. Una Milano
riscoperta, dunque,
ma anche restituita ai suoi
cittadini. Lo spazio
dell’Arengario,
infatti, è pensato proprio
per dialogare direttamente con
l’ambiente circostante
e per invitare i passanti ad
esplorarlo: si affaccia
su piazza Duomo, vi
si può accedere direttamente
dalla metropolitana ed è
collegato tramite una passerella
in ferro e vetro con Palazzo
Reale. Inoltre, non
si tratta esclusivamente di
uno spazio adibito a museo.
All’ultimo piano è
situato un ristorante; il Quarto
Stato, visibile camminando sulla
rampa elicoidale che attraversa
tutta la torre, sarà
visibile senza pagare il biglietto;
l’installazione
luminosa di Fontana
rimane esposta anche di notte,
attraverso le vetrate dell’ultimo
piano, verso la piazza sottostante;
l’archivio sarà
usufruibile dai visitatori e
dagli studiosi.
Il Museo del Novecento
si è imposto inevitabilmente
sul grande pubblico e sicuramente
l’ingresso gratuito (fino
al 28 febbraio, grazie a Bank
of America Merrill Lynch) ha
contribuito ad attirare l’attenzione;
e se anche un personaggio autorevole,
come Philippe Daverio,
liquida l’evento con un
caustico “tanto rumore
per nulla”, non si può
negare l’importanza di
questa impresa per una città
che vuole e che deve competere
con le grandi capitali europee.
Il percorso espositivo, infatti,
offre la possibilità
di conoscere, passo per passo
e in ordine cronologico, tutte
le più autorevoli espressioni
artistiche italiane nel corso
del XX secolo. Ammiccando
sempre e comunque al contesto
internazionale, perché
se a fare da sipario al museo
è il Quarto Stato
di Pellizza da Volpedo
(volutamente scelto come simbolo
della rottura formale e contenutistica
con il secolo precedente), prima
di incontrare Boccioni e i futuristi,
un piccolo spazio è riservato
alle opere delle Avanguardie
collezionate da Jucker
e dalla moglie. Si possono vedere
così La femme
nue di Picasso, insieme
a quadri di Matisse,
Klee o Kandinskij.
E l’impatto con i grandi
pittori italiani è
incredibile, con la prima delle
monografie all’interno
del museo, quella dedicata a
Umberto Boccioni,
decisamente esaustiva e ben
congegnata. La scoperta del
nuovo Arengario prosegue con
gli altri futuristi, con la
presenza eccellente di opere
del calibro di Bambina che corre
sul balcone di Balla.
Tre sale monografiche per Giorgio
Morandi, Giorgio De Chirico
e Arturo Martini precedono
la sala dedicata al Novecento,
movimento artistico degli anni
Venti alla ricerca di un “ritorno
all’ordine”; segue
una sezione sul paesaggio, con
il bellissimo Paesaggio urbano
di Sironi,
per poi passare alle opere monumentali
e a quelle di Antinovecento.
E’ presente anche un gruppo
di opere di Fausto Melotti,
che completa la serie di monografie,
diversamente collocate nel museo,
insieme a Marino Marini,
Piero Manzoni e Fontana.
Da qui si procede con gli astrattisti
degli anni trenta e si giunge
finalmente allo spazio riservato
a Lucio Fontana
(il salone della torre), al
neon della Triennale e al soffitto
dell’Hotel del Golfo dell’Isola
d’Elba, direttamente affacciati
su piazza Duomo. Al terzo piano
sono esposte opere degli
anni ’50 e ’60,
tra le quali si trovano quelle
di Alberto Burri.
La manica del secondo piano
di Palazzo Reale ospita
gli artisti degli anni ’60:
il Gruppo T, la Pop Art e l’Arte
povera. Spicca in particolare
l’omaggio a Luciano
Fabro, per il quale
viene riproposto l’ambiente
Habitat ideato per il Pac nel
1980.
Una raccolta completa
in un edificio rivisitato che
suggerisce un cammino originale.
Un modello di perfezione? Forse
non del tutto. Se è tanto
proiettato verso l’esterno
e al dialogo con la città,
l’Arengario presenta qualche
difetto negli spazi espositivi,
per lo più (salvo la
zona di Palazzo Reale) stretti
e lunghi, che costringono a
una visione d’insieme
delle opere, molto ravvicinate.
Il percorso è comunque
intenso, capace di dialogare
con i più importanti
musei d’arte moderna e
contemporanea d’Europa.
Terminato il periodo dell’inaugurazione,
inoltre, il Museo del
Novecento ospiterà anche
mostre temporanee, nella
sala adibita a questo scopo:
la prima è in programma
per il prossimo marzo, “Alla
conquista del territorio. Arte
e spazio urbano 1968/1976”.§
Info
www.museodelnovecento.org
Palazzo dell’Arengario,
piazza Duomo, Milano
Lunedì 14.30 - 19.30,
Martedì, Mercoledì,
Venerdì e Domenica 9.30
- 19.30, Giovedì e Sabato
9.30 - 22.30
Ingresso gratuito fino al 28
febbraio 2011
tel. 02.88444061
E-mail: c.museo900@comune.milano.it
Valentina
Mariani
Gennaio 2011 |