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MUSEI
a cura di Valentina
Mariani
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La
Pinacoteca di Brera.
Un gioiello da riscoprire e valorizzare.
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La
Pinacoteca di Brera. (Milano)
Un gioiello da riscoprire e valorizzare.
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E’
una delle pinacoteche più
importanti d’Italia
e uno dei fiori all’occhiello
della città di Milano,
eppure il suo nome significa,
letteralmente, “terreno
incolto”. Nella “braida”,
infatti, cioè in un
terreno suburbano, sorgevano
nel medioevo il monastero
e la chiesa degli Umiliati;
edifici e terreni, nel 1571,
con l’abolizione dell’ordine,
passarono ai Gesuiti, che
si assunsero l’impegno
di costruire lì un
collegio e delle scuole. Degli
edifici originari oggi non
rimane quasi traccia, perché
da quel momento iniziarono
gli interventi architettonici
che, protraendosi fino al
XIX secolo inoltrato, diedero
a Brera l’aspetto
che mantenne fino ai bombardamenti
del 1943.
Tra
i tanti architetti
che lavorarono a quest’impresa,
almeno due devono essere ricordati.
Il primo fu Francesco
Maria Richini, uno
dei più importanti
architetti del ‘600
a Milano; il secondo, un secolo
più tardi, fu Giuseppe
Piermarini, chiamato
da Maria Teresa d’Austria,
quando l’ordine dei
Gesuiti fu sciolto e il Collegio
di Brera divenne proprietà
dello Stato.
Fu allora, nel 1776,
che l’imperatrice fondò
l’Accademia
di Belle Arti e la
Società Patriottica.
L’Accademia assunse
una grande importanza durante
l’età napoleonica:
nel 1801 fu nominato segretario
il pittore Giuseppe
Bossi, che in seguito
fu affiancato da Andrea
Appiani. I due crearono
nel 1806 una Galleria di quadri,
gessi e incisioni a sostegno
della formazione degli allievi
e iniziarono a radunare numerosi
quadri in seguito alla soppressione
di conventi e chiese. Fu allora
necessario estendere gli spazi
a disposizione e per questo
furono ricavati due corpi
sovrapposti nell’antica
chiesa di Santa Maria. Uno
di questi fu adibito
a Pinacoteca: quattro
saloni comunicanti, con i
passaggi marcati da colonne,
i cosiddetti saloni
napoleonici. Da quel
momento, la collezione
di Brera continuò
ad ampliarsi, fino a divenire
il patrimonio invidiabile
che è ancora oggi.
Durante la seconda guerra
mondiale, la direttrice
Fernanda Wittgens salvò
le opere dai bombardamenti,
trasferendole per tempo.
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La
Pinacoteca
di Brera.
Un gioiello
da
riscoprire
e
valorizzare
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L’edificio
subì ingenti
danni,
ma già
nel 1946 iniziarono
i lavori di ricostruzione
ad opera di Piero
Portaluppi
e, anche se solo
per una piccola
parte, di Franco
Albini.
Il riallestimento
fu a cura della
Wittgens. Dal
1974 la Pinacoteca,
per iniziativa
del direttore
Franco
Russoli,
rimase chiusa
per tre anni,
per dare impulso,
attraverso questo
atto polemico,
all’avvio
del progetto della
“Grande
Brera”,
che prevedeva
l’acquisizione
di nuovi spazi
espositivi e la
modernizzazione
della struttura,
con l’introduzione
di servizi didattici
e di accoglienza,
oltre che del
primo bookshop
in Italia e di
una caffetteria.
Russoli avrebbe
voluto annettere
a questo nuovo
progetto anche
palazzo Citterio.
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In
seguito Brera
visse nuovi problemi
e fu chiusa più
volte, finché
nel 1989 si iniziò
un nuovo processo
di ristrutturazione
e razionalizzazione
degli spazi espositivi.
La Pinacoteca
non ha però
ancora raggiunto
la grandezza sognata
da Russoli, anche
se un nuovo progetto
dell’architetto
Mario
Bellini del
2009(1)
sembra rendere
possibile la realizzazione
della “Grande
Brera”.
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Grazie
al lavoro appassionato e accorto
che i responsabili di Brera
fecero a partire dall’800
e grazie al fatto che sin dalle
sue origini la collezione ebbe
scopo didattico (trattandosi
di un’iniziativa statale
e non privata e aristocratica),
una visita alla Pinacoteca
milanese può
equivalere alla lettura di un
buon libro di storia dell’arte,
con il vantaggio della visione
diretta delle opere. Numerosi
sono gli artisti radunati nelle
sale del museo, dall’età
tardogotica fino al ‘900,
grazie alle più recenti
donazioni. |
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Alcuni dei quadri esposti sono
degli assoluti capolavori
dell’arte italiana e internazionale,
che almeno una volta vale la
pena di andare a vedere. Sarebbe
assurdo che un italiano vedesse
il Louvre, ma non facesse nemmeno
una visita alla Pinacoteca di
Brera. |
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Brera
custodisce gli unici esempi
di prove pittoriche dell’architetto
Donato Bramante: Cristo
alla colonna (1480
– 90) e gli affreschi
strappati degli Uomini d’arme
e dei Filosofi antichi.
Nella sala VI (brera.beniculturali-Sala
VI) si possono ammirare
alcuni capolavori del maestro
veneziano Giovanni Bellini,
tra cui la celeberrima Pietà
(1465 – 70):
lo spettatore è coinvolto
nel dolore dei protagonisti
della tavola; lo spazio pittorico
è delimitato dalla lastra
marmorea in primo piano, ma
la mano di Cristo appoggiata
su di esso crea l’illusione
di una possibile comunicazione
con lo spazio reale. Nella stessa
sala si trova l’altrettanto
famoso Cristo Morto
di Andrea Mantegna (1475 –
78), che lascia sempre
esterrefatti per le dimensioni
ridotte e l’incredibile
scorcio, che accrescono la drammaticità
della scena. |
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Bellini,
con la collaborazione del fratello
Gentile, è presente
anche nella sala VIII (Brera.beniculturali-Sala
VIII) con l’affascinante
Predica di San Marco
ad Alessandria d’Egitto,
uno dei teleri più grandi
mai realizzati.
Nella sala IX (Brera.beniculturali-Sala
IX) si trovano tre capolavori
della pittura veneta:
una commovente Pietà
(1538 – 1545) di Lorenzo
Lotto, un San
Gerolamo penitente di Tiziano
e il Ritrovamento del
corpo di San Marco (1562 –
66) di Tintoretto.
Accanto ad essi anche alcuni
dipinti di Paolo Veronese.
Lo Stendardo della Flagellazione
(1475) di Luca Signorelli
si trova invece nella sala XXIV:
(Brera.beniculturali-Sala
26) un dipinto classicheggiante,
che rispetta i canoni rinascimentali
della prospettiva.
Un capolavoro della scuola
ferrarese presente
a Brera è invece la
Pala Portuense (1479 –
1481) di Ercole de’ Roberti.
La base del trono della Vergine
è decorata da formelle
che fingono bassorilievi classici,
mentre la teoria di colonnine
lascia scorgere un paesaggio
marino sullo sfondo.
Con i già citati Bramante
e Signorelli, sono collocati
nella sala XXIV due dei più
preziosi gioielli di Brera:
il delicato e perfetto Sposalizio
della Vergine (1504) di Raffaello
e la Pala Montefeltro
(1474 ca.) di Piero della Francesca,
con la sua studiatissima
resa prospettica.
La nota Cena in Emmaus
di Caravaggio si trova
nella sala XXIX. (Brera.beniculturali-Sala
XXIV) Quasi superfluo citare
Il Bacio di Francesco
Hayez.
Infine merita una menzione il
corridoio Jesi, cioè
la sala X, (Brera.beniculturali-SalaX)
riallestita nel 2004 per ospitare
12 sculture e 68 dipinti che
illustrano l’arte
italiana della prima metà
del ‘900: basti
ricordare, per esempio, la presenza
della Città che
sale di Umberto Boccioni,
o i numerosi dipinti di Carlo
Carrà e Giorgio Morandi.
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Questo
elenco non può
e non vuole essere esaustivo.
Si tratta solo di un accenno
alla grandezza di una Pinacoteca
un po’ trascurata, che
non può garantire al
pubblico di poter visitare una
mostra di rara qualità
e di respiro internazionale
come l’attuale “Brera
incontra il Puškin”,
per carenza di personale. Ma
che allo stesso tempo promuove
numerose iniziative didattiche
e valorizza il proprio patrimonio
con l’iniziativa “Brera
mai vista”: ogni tre mesi
vengono organizzate piccole
esposizioni di opere conservate
nel deposito, restaurate e corredate
di un catalogo critico.
Per
un elenco completo delle opere
esposte, si può consultare
la “Visita virtuale”
sul sito della Pinacoteca: brera.beniculturali.it |
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INFO
Pinacoteca di Brera
Via Brera, 28
20121 Milano
www.brera.beniculturali.it |
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Valentina Mariani
Visita Gennaio
2011
Pubblicazione Febbraio 2011 |
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Valentina
Mariani |
Valentina Mariani (Varese,
1988) dopo il diploma al liceo
classico, ha conseguito una
laurea triennale in Lettere
Moderne con curriculum storico
– artistico presso l’Università
degli Studi di Pavia. Attualmente
è iscritta alla laurea
magistrale in Storia delle Arti
dall’Antichità
al Contemporaneo nello stesso
ateneo. Da sempre appassionata
di scrittura, negli anni passati
ha partecipato con buoni risultati
a diversi concorsi letterari.
Collabora con alcune testate
web che si occupano di storia
dell’arte ed esposizioni
temporanee.
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