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MUSEI
a cura di Valentina Mariani

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Il Vittoriale
degli Italiani a
Gardone Riviera
La cittadella edificata da
Gabriele D’Annunzio tra il 1921 e il 1938,
ricca di fascino e unica nel suo genere.
 
o: Foto: Valentina Mariani

 

 

   
   
 
 
Il Vittoriale degli Italiani a Gardone Riviera
 

Il complesso del Vittoriale degli Italiani, a Gardone Riviera sul lago di Garda, è un luogo meraviglioso in cui trascorrere mezza giornata. Certo, il biglietto non è molto economico, soprattutto perché una volta raggiunto il posto sarebbe sciocco pagare solo per visitare i giardini e tralasciare l’affascinante casa del poeta; ma purtroppo la scelta è obbligata: o si paga solo per l’esterno (8€), oppure sia per l’esterno sia per l’interno (16€). In ogni caso ne vale davvero la pena, perché la cittadella edificata da Gabriele D’Annunzio tra il 1921 e il 1938, con l’aiuto dell’architetto Gian Carlo Maroni (1893 – 1952), è ricca di fascino e unica nel suo genere. Benché D’Annunzio sia una figura controversa della storia d’Italia, visti i suoi legami con il fascismo, e nonostante la sua passione per le imprese, non si può non provare un po’ di simpatia e di attrazione per la sua figura, quando si visita la sua eccentrica abitazione.

 
Foto: Valentina Mariani
Il portico che separa le due piazzette
Il poeta si trasferì a Gardone Riviera nel 1921, prima prendendo in affitto e in seguito acquistando la casa di Cargnacco, che era appartenuta a Henry Thode, uno studioso d’arte tedesco, a cui la villa era stata confiscata, con tutto ciò che conteneva, come risarcimento di guerra. D’Annunzio si appropriò, tra le altre cose, di numerosissimi libri, di un pianoforte appartenuto a Listz e di alcuni manoscritti di Wagner. Tuttavia, se tanto apprezzò questo patrimonio, altrettanto disdegnò la disposizione e l’arredamento della casa, che volle completamente “stodeschizzare”. I lavori trasformarono l’edificio, pensato sin dalle sue origini perché divenisse un museo; già il 22 dicembre del 1923, D’Annunzio donò il Vittoriale al popolo italiano.
 
Il complesso non si chiamò da subito Vittoriale; quando Maroni sistemò i Giardini privati, dal 1922, questo nome fu attribuito a quello che oggi è definito l’Arengo e il cui perimetro è segnato da un cerchio di magnolie. Si tratta del cuore pulsante della cittadella, della sua area più sacra. Qui, infatti, si celebravano i riti della Patria e le ricorrenze della Prima Guerra Mondiale; questo era anche il luogo presso cui il poeta riceveva i legionari di Fiume.
   
L’Arengo è costituito da un quadrifoglio in pietra e da seggi, attorniati da una selva di colonne commemorative della Grande Guerra e dell’impresa di Fiume, risalenti al XIII – XIV e al XVII secolo; il perno di quest’area è il seggio del Comandante, posto di fronte alla colonna del giuramento, che presenta un capitello longobardo e il motto “IURO EGO”. Una colonna sostiene la Vittoria alata di bronzo coronata di spine, opera di Napoleone Martinuzzi; un’altra regge l’urna contenente la terra del Carso, in ricordo della disfatta di Caporetto. La denominazione di Vittoriale si estese presto a tutta la cittadella, dato che essa era interamente adibita a luogo di celebrazione delle imprese e delle vittorie del popolo d’Italia.
Per accedere al Vittoriale, il visitatore deve oltrepassare tre archi (anche se la posizione della biglietteria costringe, di fatto, a un altro giro e a camminare lungo questo percorso nel dirigersi all’uscita); furono realizzati durante l’ultima fase di lavori e non furono portati a compimento. Dopo l’arco d’ingresso, s’incontra il Doppio Portale; tra le due aperture campeggia una fontana su cui si può leggere il celebre motto “IO HO QUEL CHE HO DONATO”. L’ultimo passaggio è il cosiddetto Arco dell’ospite.
Una delle costruzioni più spettacolari è senza dubbio l’Anfiteatro, che fu ultimato nel 1953, quando il poeta era ormai morto da quindici anni e che può ospitare fino a 1500 spettatori. Ispirato ai modelli greci e romani di Taormina e di Pompei, rispetta un’importantissima lezione degli antichi, e cioè l’armonia con la natura. A fare da sfondo alla cavea è, infatti, un incantevole scorcio del lago di Garda.
Due piazzette introducono il visitatore alla casa del poeta. La prima è la Piazzetta dell’Esedra, al cui centro si trova il Tempietto della Memoria, che fu sepoltura provvisoria di D’Annunzio, fino al 1963, anno in cui la salma fu trasferita nel Mausoleo. Da qui, si attraversa il portico del loggiato che introduce alla Piazzetta Dalmata. Il suo nome è dovuto alla presenza di un’iscrizione dedicata alla Vergine dello Scettro di Dalmazia. Proprio una statuetta bronzea della Vergine incoronata trova posto sul pennone collocato al centro dell’area, sul quale sventolava lo stendardo di Montenevoso. Il 14 marzo del 1924, difatti, in occasione dell’annessione di Fiume, il re nominò D’Annunzio principe di Montenevoso.
Dalla Piazzetta dell’Esedra si può accedere ai Giardini privati. L’ingresso è segnato da un arco, su cui si legge “ROSAM CAPE/SPINAM CAVE”, cioè “raccogli la rosa, bada alla spina”. Accanto ad esso si trova una fontana con putti e cesti di melograni. Il melograno è un simbolo ricorrente all’interno della casa del poeta, poiché è di buon auspicio e D’Annunzio era molto superstizioso.
Oltre all’Arengo, nei giardini si trovano un belvedere, le limonaie e un frutteto. Un’altra area “religiosa” è quella dei massi sacri: furono collocati qui tra il 1923 e il 1928 e commemorano le più dure battaglie della Grande Guerra. Sui giardini si affaccia infine il Portico del Parente, dedicato da D’Annunzio a Michelangelo Buonarroti. Il poeta, infatti, si sentiva affine per genialità – e quindi appunto “parente” – del grande artista fiorentino.
Foto: Valentina Mariani - La Piazzetta dell’Esedra
Foto: Valentina Mariani - La Piazzetta Dalmata
 
L’ingresso della casa del poeta si trova sulla Piazzetta Dalmata e ricalca il modello della Casa del Podestà di Arezzo, cosparsa di pietre con iscrizioni in ordine sparso. D’Annunziò battezzò la sua dimora Prioria: il carattere sacrale di questa casa-tempio è evidente sin dall’ingresso in salita, le cui pareti sono costituite da parti di un coro seicentesco. L’eccentricità del poeta, poi, è subito dimostrata dal fatto che, in cima alla scala, si aprivano due porte: quella a sinistra era per gli amici, quella a destra era riservata alle visite ufficiali. Entrambe introducevano a due differenti sale d’attesa: gli amici erano accolti nell’Oratorio Dalmata, una stanza ricca di simboli e oggetti religiosi e liturgici; al centro del soffitto è appesa l’elica dell’idrovolante con cui Francesco De Pinedo, nel 1925, compì un volo a tappe, da Sesto Calende a Melbourne e Tokyo, lungo 55000 km. E’ una delle numerose reliquie delle grandi imprese, conservate all’interno del Vittoriale. La maggior parte dei visitatori, tuttavia, attendevano di essere ricevuti (a volte per ore, si dice in misura proporzionale all’antipatia) nella Stanza del Mascheraio, che prende il nome dai versi che si possono leggere sopra lo specchio, composti in occasione di un incontro con Mussolini del 1925: “Al visitatore: Teco porti lo specchio di Narciso?/Questo è piombato vetro, o mascheraio./Aggiusta le tue maschere al tuo viso/ma pensa che sei vetro contro acciaio”.
 
La visita all’interno della casa è necessariamente guidata, in gruppi di dieci persone, e segue un percorso obbligato; è facile intuire il perché non appena si accede nelle varie stanze: ognuna è ricolma di oggetti preziosi, che hanno spesso un altissimo valore materiale, ma anche storico. Ogni cosa è disposta secondo una precisa logica ed è fondamentale essere accompagnati da qualcuno che aiuti a comprendere il significato del rincorrersi di simboli che s’incontrano. Sarebbe difficile, d’altronde, comprendere da soli il senso, per esempio, della Stanza del Lebbroso: concepita come una sala funeraria, contiene, in un ambiente ricolmo di rimandi sacrali e religiosi, un letto che ricorda allo stesso tempo una culla e una bara. Qui disteso, il poeta rifletteva sul mistero della vita e della morte; nella notte tra l’1 e il 2 marzo 1938, qui fu anche esposta la sua salma. Particolare anche la Stanza delle Reliquie, una sintesi della complessa religiosità dannunziana: non solo vi sono radunati oggetti sacri cattolici, ma anche reliquie più particolari, come il gonfalone della Reggenza del Carnaro, o il volante spezzato del motoscafo sul quale morì Henry Segrave tentando di stabilire un record di velocità.
 
Foto: Valentina Mariani - L’Anfiteatro
Foto: Valentina Mariani - L’Arengario
 
Uno degli aspetti che colpiscono maggiormente il visitatore è senza dubbio il perenne stato di penombra in cui sono avvolti tutti gli ambienti: D’Annunzio era fotofobico, quindi tutte le finestre erano mascherate, in modo che non entrasse luce diretta. Per questo motivo l’architetto Maroni aggiunse una piccola veranda davanti alla stanza da letto del poeta, così che non avesse alcuna finestra. L’unico luogo bagnato dalla luce naturale è l’Officina, lo studio del poeta, all’interno del quale trascorreva anche sedici ore al giorno. Per entrarvi, si è costretti a inchinarsi, poiché la porta è molto bassa: un espediente per obbligare chiunque a rendere omaggio all’arte che prendeva vita nella stanza.
Un’ultima curiosità da citare è la presenza di un carapace di tartaruga (il corpo dell’animale è riprodotto in bronzo) sulla tavola della sala da pranzo riservata agli ospiti (D’Annunzio preferiva mangiare sempre da solo nella Zambracca, uno studiolo-guardaroba, dove si trovava anche la sua fornitissima farmacia): fu posta qui dal poeta come monito, poiché era morta d’indigestione nei giardini del Vittoriale.
 
Nei giardini, infine, si possono vedere l’imponente Mausoleo, dove è sepolto D’Annunzio e dove sono conservate le spoglie degli eroi di Fiume, e una delle trovate più stravaganti: la Nave Puglia, donata al poeta nel 1923 dalla Marina Militare e letteralmente incastonata in un promontorio che guarda verso il lago, come se fosse pronta a salpare.
La visita al Vittoriale è completata da due musei. Il primo è il Museo D’Annunzio Eroe, che raccoglie le testimonianze delle sue imprese militari; il secondo è il Museo D’Annunzio Segreto, nel quale si può curiosare tra il suo guardaroba, la sua corrispondenza, il vasellame e tutti quegli oggetti curiosi che fino al 2010 erano rimasti chiusi negli armadi della Prioria.
 
INFO Per tutte le informazioni e per le immagini degli interni (i visitatori sono obbligati a depositare le macchine fotografiche prima di entrare nella Prioria),
si può consultare il sito ufficiale: www.vittoriale.it

 
 
 
Valentina Mariani
Pubblicazione 3 Aprile 2012



Valentina Mariani
Valentina Mariani (Varese, 1988) dopo il diploma al liceo classico, ha conseguito una laurea triennale in Lettere Moderne con curriculum storico – artistico presso l’Università degli Studi di Pavia. Attualmente è iscritta alla laurea magistrale in Storia delle Arti dall’Antichità al Contemporaneo nello stesso ateneo. Da sempre appassionata di scrittura, negli anni passati ha partecipato con buoni risultati a diversi concorsi letterari. Collabora con alcune testate web che si occupano di storia dell’arte ed esposizioni temporanee.
 
 
 
 
 
 
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