“La
ricerca costante di una ‘leggerezza’
nelle strutture architettoniche
è stata sempre per me
importante. E' l’idea
dell’architettura come
arte per sollevare immense superfici
di suolo, sotto le quali lasciare
fluire l’imprevedibile
movimento della vita quotidiana”.
Con queste parole Renzo
Piano descriveva i
propri lavori, facendosi per
un momento critico di sé
stesso, nel rispondere alle
domande di Stefano Boeri durante
un’intervista per il Corriere
della Sera (4 novembre 2009).
Non è così semplice
raccontare l’attività
di un architetto che ha iniziato
a lavorare negli anni
’70 e che tuttora
fa parlare di sé sui
quotidiani. Ma la definizione
di un’architettura
come arte per sollevare
immense superfici di suolo non
può non richiamare immediatamente
l’ultima grande fatica
di Renzo Piano. Al momento,
infatti, sta lavorando al progetto
della Shard of Glass
(la Scheggia di Cristallo),
un grattacielo in costruzione
a Londra che
sarà completato nel maggio
del 2012, alle porte delle Olimpiadi
che si svolgeranno nella capitale
britannica. L’edificio,
che è situato sull’area
dell’ex Stazione
di London Bridge, sarà
il grattacielo più alto
d’Europa: 310 m e 87 piani,
completamente rivestito in vetro.
Il grattacielo è
ideato come spazio multifunzionale:
ospiterà infatti appartamenti,
un hotel e degli uffici, ma
anche una galleria e un belvedere
fruibili dai turisti. La
grande novità consiste
nella presenza di soli 42 posti
macchina, la metà dei
quali riservata ai portatori
di handicap; questo per valorizzare
l’uso dei mezzi di trasporto
pubblico, considerato anche
il crocevia di metropolitane,
bus e linee ferroviarie rappresentato
dalla zona in cui sorge l’edificio.
“Ogni architetto deve
essere un profeta. Se non sa
guardare avanti almeno dieci
anni, non chiamatelo architetto”,
diceva uno dei più grandi
rappresentanti della categoria,
Frank L. Wright.
E con un tale spirito pare affrontare
il proprio lavoro Renzo Piano,
immaginando e tentando di attuare
il progetto di una città
che cresca all’interno
di sé stessa, senza più
allargarsi verso l’esterno.
Altrettanto futuristico
(oltreché controtendenza)
ed emblematico di una mente
abituata a pensare oltre l’immediato
presente appare il progetto
di una Milano verde,
arricchita da migliaia di alberi,
proposto da Renzo Piano
in collaborazione con
Claudio Abbado
nel 2010. Progetto che incassò
un definitivo “no”
da parte del sindaco Moratti
nel mese di aprile, perché
eccessivamente oneroso per le
casse comunali, ma che avrebbe
sicuramente donato nuovo respiro
a una città soffocata
dal traffico e dallo smog.
Il critico Richard Lacayo,
scrivendo sul Time,
sottolineò l’ingente
influenza dell’architetto
italiano a livello mondiale,
affermando che i primi dieci
anni del 2000 correvano il rischio
di essere “l’Età
di Piano”, perlomeno negli
Stati Uniti. Numerosi sono infatti
i progetti portati a termine
e i cantieri in corso che portano
la sua firma negli States: a
partire dagli ampliamenti dei
musei di Dallas e Atlanta
del 1999, fino al nuovo
Campus della Columbia University
(2005), al New York
Times Building a Manhattan
(2007) , al nuovo edificio della
California Academy of
Sciences a San Francisco
(2008), alla Modern
Wing dell’Art Institute
di Chicago (2009). Accanto a
questi si possono ricordare
almeno, sempre in contesto internazionale,
la ricostruzione di Potsdamer
Platz a Berlino (1992
– 2000), la Maison
Hermès a Tokyo
(2001) o la riqualificazione
dell’area della cappella
di Ronchamp di Le
Corbusier, con la costruzione
di un convento di clausura (iniziata
nel 2006).
Le origini dell’affermazione
di Renzo Piano sono
da cercare proprio in Francia
e si deve per questo risalire
agli anni ’70.
In quel periodo, infatti,
l’architetto, che stava
completando la propria formazione
con viaggi di studio in Gran
Bretagna e in America (dopo
la laurea al Politecnico di
Milano nel 1964), conobbe Richard
Rogers (1933) con il
quale fondò lo studio
“Piano&Rogers”.
Insieme i due vinsero il concorso
per la progettazione del celebre
Centre Pompidou
di Parigi, noto anche come Beaubourg.
L’idea del presidente
francese era quella di dare
vita a un contenitore culturale
che potesse tanto rappresentare
un modello esemplare di architettura
della seconda metà del
Novecento, quanto avvicinare
l’arte contemporanea al
grande pubblico e riportare
Parigi sotto i riflettori come
scenario di importanza mondiale
per quella stessa arte di cui
il governo cercava in tal modo
di farsi interprete e promotore.
“Una gioiosa macchina
urbana” è per Renzo
Piano il centro creato nella
Ville Lumière:
l’edificio sembra una
macchina onirica, i diversi
piani paiono sospesi a un nucleo
metallico; le tubature degli
impianti fanno mostra di sé
in un complesso intreccio connotato
da colori sgargianti sul prospetto
principale, che è attraversato
diagonalmente dai percorsi di
risalita all’interno di
tubi trasparenti. Un grandioso
contenitore per un museo di
arte figurativa, musica, design
e letteratura e per una biblioteca.
Oggi, con i suoi 25000 visitatori
al giorno, rappresenta uno dei
più importanti prototipi
di museo di massa, il cui successo
è senza dubbio dovuto
anche all’originalità
del suo involucro.
In seguito, nel 1977,
Renzo Piano diede vita,
con l’ingegnere irlandese
Peter Rice, all’Atelier
Piano & Rice.
I due lavorarono insieme a numerosi
progetti fino alla morte di
Rice nel 1992.
In vista dell’Expo del
1992, che veniva per di più
a coincidere con il quinto centenario
della Scoperta dell’America,
la città di Genova
(che diede i natali all’architetto
nel 1937) decise di affidare
il totale restauro del suo Porto
Antico a Renzo Piano, nel
1988. Il progetto comprende
diverse strutture, tra cui il
celebre Acquario, la Sfera di
vetro e acciaio o il Bigo.
Più o meno a questi stessi
anni risale la costruzione del
Kansai International
Airport Terminal di
Osaka (1988 – 1994). L’aeroporto
è stato edificato su
di un’isola artificiale
nella Baia di Osaka e ha richiesto
uno studio accurato delle linee
dinamiche dei flussi d’aria,
che hanno determinato la forma
e le dimensioni degli archi
costituenti la copertura. Notevole,
peraltro, è la ricerca
oculata di un minimo impatto
ambientale: la forma dell’aeroporto,
che ricorda l’ala di un
aereo, si integra nel miglior
modo possibile con l’ambiente
circostante, sia per quanto
riguarda il mare, sia per il
vento e la luce.
Tra la metà degli
anni ’90 e i primi anni
del 2000, Renzo
Piano fu impegnato
in due importanti progetti in
Italia: la Chiesa di
Padre Pio a San Giovanni Rotondo
(1991 – 2004) e l’Auditorium
Parco della Musica a Roma
(1994 – 2002). La prima
è una chiesa di pellegrinaggio,
che presenta due particolarità:
innanzitutto, pur essendo alta
solo 16 metri, può accogliere
al suo interno fino a 6500 fedeli;
in secondo luogo, i venti archi
radiali che sostengono il tetto
sono costruiti con una pietra
locale, sfruttata come materiale
edilizio.
Il Parco della Musica
è invece costituito da
tre edifici distinti
racchiusi nel medesimo recinto,
una sorta di anfiteatro. Le
tre strutture, che differiscono
per dimensioni e finalità,
evocano la forma di strumenti
musicali e si inseriscono nel
panorama romano ricordando le
numerose cupole della capitale.
Particolare attenzione è
stata usata nei confronti dell’acustica:
pavimento e soffitto dei saloni
sono difatti regolabili per
aggiustare le proprietà
acustiche dei muri e gli interni
sono in legno di ciliegio.
In seguito alla morte di Rice,
Piano ha fondato il Renzo
Piano Building Workshop,
che trova sede tra Parigi e
Genova e che tuttora conta circa
100 collaboratori tra ingegneri,
architetti e figure specializzate.
Lo studio lavora in stretta
collaborazione con diversi architetti
legati a Piano da anni di esperienza
lavorativa.
Valentina
Mariani
Marzo 2011 |