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IN EVIDENZA
a cura di Aurora
Tamigio
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54.
ESPOSIZIONE D’ARTE INTERNAZIONALE
DELLA BIENNALE DI VENEZIA.
LE NUOVE NAZIONI PARTECIPANTI:
L’ARTE DEL RACCONTO.
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Foto
Archivio Sognoelektra |
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54.
ESPOSIZIONE D’ARTE INTERNAZIONALE
DELLA BIENNALE DI VENEZIA.
LE NUOVE
NAZIONI PARTECIPANTI:
L’ARTE DEL RACCONTO. |
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Se
la 54. Esposizione d’Arte
Internazionale della Biennale
di Venezia deve contraddistinguersi
da tutte le altre manifestazione
per il suo spirito internazionalista,
avanguardista e, perché
no, promozionale di paesi più
o meno artisticamente noti,
le 4 nazioni
che partecipano quest’anno
per la prima volta
sembrano rappresentare a pieno
questi intenti. Andorra,
Arabia Saudita, Bangladesh,
Haiti: sono
questi i 4 paesi che quest’anno
presentano per la prima volta
un padiglione ufficiale nella
prestigiosa vetrina veneziana. |
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Il
Principato di Andorra
partecipa
alla Biennale con un
padiglione fortemente
voluto dal Ministero
della Cultura
e situato presso la
chiesa di San
Samuele, al
Campo San Samuele. Titolo
della mostra: Oltre
la visione,
protagonisti sono i
due artisti andorrani
Helena Guàrdia
Ribò e Francisco
Sánchez.
Le opere di entrambi
ruotano attorno al concetto
allargato di “percezione”:
mentre la prima lavora
sulla manipolazione
“artigianale”
dell’immagine
fotografica, il secondo
si concentra sul rapporto
tra uomo e tecnologia.
In ambedue i casi, protagonista
della riflessione dei
due artisti è
lo spettatore e la sua
“capacità
artistica”. Il
pubblico viene infatti
invitato a non ricevere
l’opera passivamente
ma ad osservarla e a
riappropriarsi del tempo
e della distanza che
occorre all’arte.
“Per guardare
un quadro ci vuole una
sedia” diceva
Paul Klee. |
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Andorra
Chiesa
di San Samuele, Campo San Samuele
Venezia -
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Il
senso della riflessione dei
due andorrani nasce
dall’incontro tra la creazione
artistica e la meditazione dello
spettatore intorno all’opera
con il fine di recepirne il
contenuto e ricercarvi nuovi
significati. Helena
Guàrdia utilizza
per le sue opere uno specchio
rotondo e concavo di 50 cm di
diametro in cui raccoglie, deformata,
l’immagine della sua Andorra
per offrirne una visione nuova
e idealizzata, come nelle Ciudad
flotante (2011). Francisco
Sánchez svolge
una riflessione sul rapporto
tra arte e scienza in opere
dai nomi filosofici come il
trittico L’efímer
i l’etern (2011). Paolo
De Grandis, curatore
del Padiglione, insieme a Josep
M. Ubach Bernada, ha
ribadito in più di un’occasione
l’importanza della partecipazione
di Andorra, paese piccolo ma
culturalmente interessantissimo,
noto soprattutto per i paesaggi
di particolare bellezza che
fanno da protagonisti nelle
opere di Francisco Sánchez.
De Grandis
è un personaggio più
che noto alla Biennale veneziana:
presidente di Arte Communications,
a lui si deve l’idea dell’istituzione
dei nuovi padiglioni fuori dalle
aree canoniche dei Giardini
e dell’Arsenale, con l’intento
– che oggi più
che mai diremmo essere riuscito
– di renderli parte integrante
della città. Paolo De
Grandis non è peraltro
nuovo alla curatela di un padiglione
di una nazione alla sua prima
presenza ufficiale: nel 1995
infatti ha organizzato e allestito
il Padiglione Taiwan in occasione
della prima partecipazione alla
Biennale. |
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Il
padiglione dell’Arabia
Saudita
all’esposizione
veneziana ha per protagonista
le due sorelle Shadia
e Raja Alem.
Ad annunciare la loro
presenza al nuovissimo
spazio allestito all’Arsenale
è stata la stessa
Sovrintendendenza
e il Ministero della
Cultura del Regno dell’Arabia
Saudita. Le
due artiste presenteranno
a Venezia l’installazione
The Black Arch,
a cura di Mona
Khazindar,
curatrice del Dipartimento
di arte contemporanea
e fotografia dell’Institut
du Monde Arabe di Parigi,
e Robin Start,
curatore ed esperto
di arte moderna e contemporanea.
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Arabia
Saudita Padiglione
Arsenale Venezia |
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Dal
sodalizio tra la scrittrice
Raja e l’artista Shadia
è nata un’opera
che trae origine dai ricordi
di infanzia e dall’esperienza
familiare (per generazioni la
loro famiglia ha accolto in
casa propria i pellegrini durante
lo Hadj) e che le ha condotte,
a partire dalla metà
degli anni Ottanta, a svolgere
studi capillari sulle origini
delle cultura e delle civiltà
islamica.
The Black Arch, racconta
in primis dell’incontro
tra l’arte di Shadia e
quella di Raja, e in secondo
luogo unisce in un’unica
opera, un arco nero, le due
città protagoniste del
Padiglione, la Mecca e Venezia.
L’installazione è
concepita come un palcoscenico
sul quale le due artiste proiettano
la loro memoria in una narrazione
nella quale a dominare è
il colore nero. «Sono
cresciuta nella consapevolezza
della presenza fisica del Nero
tutt’attorno a me»
spiega Raja Alem «Le sagome
nere delle donne saudite, il
telo nero della Ka’ba,
la casa di Dio, e la pietra
nera che, secondo la credenza,
ha accresciuto la nostra conoscenza.»
A legare le immagini di ieri,
il ricordo e il Nero, con il
presente c’è uno
la struttura a specchio
che riflette e proietta
lo spettatore sul “palcoscenico
della memoria” delle due
artiste. Shadia Alem afferma
che il fine dell’installazione
era «Portare La
Mecca a Venezia, tramite
oggetti provenienti dalla mia
città: un Arco
Nero, una città
cubica e una manciata di ciottoli
di Muzdalifah». |
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Di
tutt’altro tono
è il Padiglione
del Bangladesh:
all’Esposizione
Internazionale d’Arte
della Biennale di Venezia
la “giovane”
nazione, nell’anno
delle celebrazioni dei
quarant’anni dall’indipendenza
dal Pakistan (26 marzo
1971), coglie l’occasione
per realizzare una piccola
retrospettiva su alcuni
degli artisti ad oggi
più influenti
o promettenti del paese.
L’esposizione
Parables / Parabole
presenta 5 artisti bengalesi
che vivono e lavorano
nella capitale Dhaka.:
Promotesh Das
Pulak, Kabir Ahmed Masum
Chisty, Imran Hossain
Piplu, Mahbubur Rahman
e Tayeba Begum Lipi.
Ognuno di questi ha
realizzato un’installazione
negli spazi della Gervasuti
Foundation, tra Giardini
e Arsenale. |
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Bangladesh
Gervasuti
Foundation, Fondamenta S.Anna
Venezia
website
Bangladesh: |
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Riflessione
politica, ambientalismo, indagine
sociale sono solo alcuni
dei macro-argomenti che accompagnano
i 5 artisti attraverso una riscoperta
delle radici culturali del paese.
Parabole, ovvero
associazioni di pensiero che
aiutano a comprendere ciò
che prima era incomprensibile
o oscuro, metafore, racconti
spesso legati alla sfera spirituale
che evocano significati ulteriori
o nascosti. La forma narrativa
della parabola, per i suoi legami
con il religioso, il morale,
il mistico, non potrebbe essere
più adatta a raccontare
un paese come il Bangladesh,
in cui la spiritualità
non può non essere considerata
parte integrante di ogni forma
artistica. La scelta degli artisti
è stata svolta personalmente
dai due curatori Paolo
W. Tamburella e Mary Angela
Schroth. Promotesh Das Pulak
propone immagini fotografiche
della guerra di liberazione
del Bangladesh dal Pakistan,
accuratamente manipolate e rivisitate;
Ahmed Masum Chisty,
oltre a un intervento sulla
facciata della Fondazione Gervasuti,
ha realizzato in situ un’installazione
animata da centinaia
di disegni di Medusa;
Imran Hossain Piplu
ha allestito una sorta di “museo”
con fossili animali
che presentano la forma di diversi
tipi di armi. Mahbubur
Rahman e Tayeba Begum Lipi
sono due tra gli artisti più
conosciuti ed interessanti del
Bangladesh, a Venezia i loro
lavori recuperano alcuni degli
aspetti più tradizionali
del paese: il primo presenta
un’installazione che ha
per tema la figura del
maiale nella cultura islamica,
Lipi invece
proietta due video
in cui interpreta sia lo sposo
che la sposa di un matrimonio
bengalese. |
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L’ultima
delle nazioni “nuove
arrivate” alla 54.
Esposizione d’Arte
Internazionale di Venezia
è
Haiti.
Questa
partecipazione, oltre
a presentare uno dei più
interessanti esperimenti
artistici presenti in
questa Biennale 2011,
suscita grande emozione
laddove pare restituire
alla cultura un valore
di “medicina dell’anima”,
strumento per uscire dalla
povertà e dalla
crisi. Il
padiglione di Haiti si
compone di due interventi
paralleli: Haïti
Royaume de ce Monde
(Haiti reame di questo
mondo), mostra itinerante
a cura dell'haitiano Giscard
Bouchotte, che
presenta opere di 15 artisti
residenti haitiani, ed
un intervento in esterno
dal titolo Death
and Fertility,
ideato dall'italiano
Daniele Geminiani
insieme alla fotografa
e curatrice inglese Leah
Gordon. La mostra
Death and Fertility ospita
le opere di tre artisti
del gruppo Atis Rezistans
(in creolo, “resistenza
artistica”), un
collettivo di scultori
della Grand Rue, la via
principale che attraversa
la città di Port-au-Prince.
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Haiti
Fondazione
Querini venezia (fino al 31 luglio)
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La
mostra è allestita all'interno
di due container da
40 piedi (12,19 m), adibiti
al trasporto marittimo, qui
disposti a formare una T. I
container sono uno rosso e l’altro
blu, colori usuali per strutture
industriali del genere, e tuttavia
più che funzionali all’esposizione,
in quanto colori della bandiera
haitiana. L’uso
dei container marittimi è
un richiamo alla situazione
economica del paese,
dove il commercio marittimo
internazionale è stato
causa di sfruttamento del territorio
e conseguentemente di povertà
e allo stesso tempo si lega
al contesto del misero quartiere
di Port-au-Prince, situato nei
pressi del porto. Il
curatore Daniele Geminiani precisa
che la decisione di portare
a Venezia gli scultori
della Grand Rue precede
il terremoto del 2010 e si deve
piuttosto alla manifestazione
Ghetto Biennale di Haiti
di cui Leah Gordon,
co-curatrice del Padiglione,
è stata la promotrice.
Eppure in questa prima presenza
ufficiale alla Biennale di Venezia,
Haiti non poteva non fare i
conti con il terribile sisma
che ha colpito il paese il 12
gennaio 2010 e che si è
portato appresso 300.000 morti,
un’ingente quantità
di danni ed una conseguente
crisi economica. Risultato di
questo sfacelo è stata
una politica di tagli alla cultura
con la chiusura, si spera momentanea,
di musei, gallerie ed enti didattici.
In questo scenario tutt’altro
che facile, la mostra itinerante
Haïti Royaume de ce Monde
si pone il compito di essere
non solo una vetrina per l’arte
locale ma anche una nuova presa
di coscienza da parte degli
artisti del loro ruolo e della
risonanza che l’arte haitiana
necessita di avere oggi a livello
internazionale. Sergine
André, Elodie Barthelemy,
Mario Benjamin, Maxence Denis,
Edouard Duval-Carrié,
Frankétienne, Guyodo,
Sébastien Jean, Killy,
Tessa Mars, Pascale Monnin,
Paskö, Barbara Prézeau
Roberto Stephenson, Hervé
Télémaque, Patrick
Vilaire sono solo alcuni
dei protagonisti del panorama
artistico haitiano che sono
stati invitati a Venezia a testimoniare
quella ricchezza culturale che
una nazione non dovrebbe mai
dimenticare di valorizzare,
specie in tempo di crisi. E,
proprio perché le nazioni
si ricordano dei loro artisti
migliori soprattutto nei tempi
bui, il padiglione Haiti rende
omaggio, attraverso le opere
esposte, con citazioni e dediche,
ad Edouard Glissant,
scrittore caraibico scomparso
lo scorso 3 febbraio. |
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Oltre
a queste 4 importanti partecipazioni,
new entries assolute dell’Esposizione
veneziana, ugualmente interessanti
sono alcuni “ritorni”
di nazioni assenti dalla Biennale
ormai da molti anni ed in particolare:
l’India, assente
dal 1982, il Congo dal 1968,
l’Iraq e lo Zimbabwe che
espongono nuovamente dopo il
1990, il Sudafrica e Cuba assenti
dal 1995, il Costa Rica dal
1993. Si segnala infine
il Padiglione dell’Egitto,
la cui presenza è stata
incerta fino allo scorso aprile,
e che invece porta probabilmente
una delle esperienze artistiche
e sociali più toccanti
di tutta la Biennale, attraverso
il racconto della rivoluzione
e dei grandi cambiamenti avvenuti
negli ultimi mesi nel paese. |
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La 54. Biennale di Venezia
2011 si apre a giugno con vernice
l’1, 2 e 3 e sarà
aperta al pubblico a partire
dal 4 giugno sino al 27 novembre
2011.
Per informazioni e prenotazioni
www.labiennale.org
54.
Esposizione Internazionale d'Arte
di Venezia
ILLUMInazioni – ILLUMInations
Venezia (Giardini e Arsenale), 4
giugno – 27 novembre 2011
Vernice 1, 2 e 3 giugno 2011
Foto
Archivio Sognoelektra
Aurora
Tamigio
Giugno 2011 |
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Aurora
Tamigio |
Dopo la maturità scientifica
si è laureata in Lettere
Moderne, con indirizzo storico-artistico,
all'università di Pavia.
Oggi è iscritta alla
facoltà di Storia dell'Arte
e lavora presso l'ufficio stampa
di una nota casa editrice.
Collabora come redattrice per
testate web con attenzione alle
pagine culturali e di opinione.
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