Friedrich
Nietzsche
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>Ignazio
Fresu (punti
di vista)
La Rivelazione come
Dissonanza
Nel suo celebre aforisma
125, Nietzsche sosteneva
che i valori assoluti in cui potersi
unanimemente riconoscere erano morti,
che ogni morale si basa su principi
astratti e che non è dato conoscere
la realtà ma solo l’apparenza.
Questa dimensione traumatica è
solo un momento di passaggio in relazione
ad un contesto più ampio che
prevede l’avvento di un uomo nuovo.
La presa d’atto che non ci sono
più verità, nemmeno quelle
di più alto valore, ad una lettura
superficiale apre la strada al nichilismo.
In realtà l’uomo della
morale è un uomo parziale, è
ciò che la morale gli consente
di essere, attraverso imposizioni sociali
che mirano alla negazione della sua
individualità.
La morale soffoca l’anima
e mutila l’uomo delle
sue energie vitali. Superando la morale,
l’uomo nuovo si riappropria della
propria naturalità. In tal senso,
vinti i limiti delle convenzioni, egli
diventa né buono né cattivo
ma completamente realizzato nella propria
essenza.
È questa la “Rivelazione
tra sopravvivenza e buona novella”
che il pensiero del ‘900
ha sviluppato passando per Martin Heidegger
fino a Gianni Vattimo
ed Emanuele Severino.
Insieme alla filosofia anche le arti
dallo scorso secolo a oggi contribuiscono
proponendoci attraverso un sentire
che va al di là dei sensi, ad
una rivelazione, intesa non come spiritualità,
in un’esperienza differente dall’esperienza
religiosa e al di là di ogni
ermeneutica o epistemologia filosofica.
Suggerendo interpretazioni in un approccio
diverso, l’arte fornisce
un singolare processo comunicativo nei
confronti del fruitore, un ponte ad
una intuitiva irrazionale consapevolezza
nell’umana pulsione a superare
il carattere effimero del vivere in
opposizione al continuo e inarrestabile
scorrere del tempo, dove la manifestazione
estetica non equivale a soffrire o godere
di ciò; significa cogliere la
bellezza legata com’è
al sensibile in cui non c’è
una verità nel senso che dimostri
qualche cosa, ma un’educazione
dei sensi, un’educazione del gusto
attraverso la cultura e con essa la
possibilità di far scaturire
da un’opera d’arte una quantità
di significati che disincagliano la
mente e i sensi dalla banalità.
È una bellezza interiore
che non si manifesta nell’apparenza
delle cose. È una bellezza
non nichilistica che
al di là del suo apparire, non
corrisponde ad una bellezza esteriore.
C’è, quindi, proprio uno
scollamento che avrà in Adorno
e in tutta l’estetica moderna
la sua conclusione nel dire che la vera
bellezza è quella stridente,
quella delle dissonanze in musica, in
quanto un’arte che deve dare un
godimento immediato è un’arte
di consumo facilmente smerciabile mentre,
l’arte grande è quella
che inquieta e la cui bellezza è
una folgorazione.
La bellezza è dunque
rivelazione e consiste in una
nuova consapevolezza dove l’arte
è qualcosa di più di un
semplice godimento in quanto ci solleva
da questa esistenza, non genericamente
per consolarci facendoci sopportare
in qualche modo i mali della vita, ma
per rendere l’esistenza che conduciamo
più vera, più viva.
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