Bologna
Fiera 2012
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>Ignazio
Fresu (punti
di vista)
COME EVITARE LA MERCIFICAZIONE
DELL’ARTE NELL’ERA DELLA
SUA RIPRODUCIBILITÀ TECNICA
Alla fine dello scorso mese si è
celebrato a Bologna l’annuale
rito dell’Arte Fiera, la più
importante mostra mercato dell’arte
italiana dove gallerie d’arte
provenienti da tutto il mondo, espongono
in vendita le opere dei loro artisti.
Bologna
Fiera 2012
Quest’anno
l’importante vetrina
è apparsa sottotono rispetto
alle precedenti edizioni, sia per il
forte calo di presenze degli espositori
che dei visitatori. Come valutare questo
fatto? causa della crisi economica o
primo passo verso una ritrovata consapevolezza
che considera l’arte non più
solo merce?
Quello
che stiamo attraversando è
un periodo particolarmente difficile
per l’arte contemporanea a causa
dei tagli a quelle strutture come i
musei dedicati alla promozione del contemporaneo
che hanno ridotto o cessato del tutto
l’attività: è accaduto
per esempio alla Fondazione
Pomodoro a Milano e al MADRE
di Napoli. Nondimeno le vendite
di opere d’arte non conoscono
la crisi dell'euro e il rallentamento
della crescita economica, tanto che
nel 2011 hanno avuto ricavi record con
incrementi che, secondo i dati forniti,
sono stati del nove per cento rispetto
al 2010.
Eppure
la crisi di quelle strutture
istituzionalizzate dell’arte contemporanea
possono diventare un’opportunità,
un primo passo in grado di dare un’indicazione
su come interpretare la crisi e superarla.
Si
presenta l’occasione della fine
di una società consumistica e
superficiale per annunciare l’inizio
di un periodo di consapevolezza responsabile
capace di dare il giusto valore alle
opere d’arte.
ANDRESS
SERRANO Galleria pAck Fiera 2012
In
questa nostra epoca della riproducibilità
tecnica dell’opera d’arte
così come fu tratteggiata da
Walter Benjamin, l’artista sa
che se vuol essere riconosciuto “i
suoi prodotti non possono che apparire
nella forma di merce”; all’autore
“come produttore” è
subentrato l’artista come mercante
e ben sappiamo che oggi, ancor prima
delle merci, quello che va prodotto
è il loro consumo esattamente
come avviene col sistema della moda
che per esistere deve inventarsi di
continuo i propri consumatori. Per promuovere
un artista si utilizzano apparati produttivi
in piena regola. Viene messa in piedi
una struttura pari a quella che serve
per lanciare un auto o un vestito.
Ogni
artista però sa che
se la sua opera assume prevalentemente
valore di merce di scambio, assolve
solo parzialmente allo scopo della forza
generatrice che l’ha prodotta.
Sa
altresì che esistono luoghi
dove il valore è espresso, per
dirla con Benjamin, nella riproducibilità
dell’arte tecnicizzata di massa
dove non esiste l’esemplare originale,
in contrapposizione all’espressione
artistica tradizionale legata ai valori
accademico-museali di unicità
ed esistono luoghi non destinati all’esposizione,
alla ritualizzazione dell’arte,
luoghi liberi da prescrizioni mercificatorie
dove l’arte è in diretto
contatto con il loro destinatari quali
sono gli spazi pubblici. Questa operazione,
priva l’opera di valore puramente
commerciale, restituendole valore d’arte.
Non più oggetti ma opere d’arte
che dialogano in modo diretto con il
pubblico senza finte cornici.
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