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IN EVIDENZA
a cura di
Aurora Tamigio
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Pina
Bausch
PINA
un film di Wim Wender
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PINA
un film di Wim Wender
(Germania, 2011)
Ad un mese dalla 62° Berlinale,
il film che ha fatto incetta
di applausi all’ultimo
festival del cinema di Berlino:
Pina, omaggio di Wim Wenders
all’indimenticata coreografa
tedesca Pina Bausch. |
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Quella
tra Wim Wenders e Pina Bausch
è la storia di un’amicizia
durata vent’anni, certo,
ma anche e soprattutto il racconto
di una grande passione: quella
del regista per il teatro-danza
della coreografa di Solingen.
È il 1985 quando Wenders
assiste per la prima volta allo
spettacolo Cafè
Müller, 40
minuti di danza di Pina e dei
suoi ballerini sulla musica
di Henry Purcell. Il fascino
che questo spettacolo esercita
su Wenders si lega non solo
alla sua straordinarietà
nel genere, ma soprattutto alla
comunanza estetica tra il proprio
cinema e l’opera di questa
esile coreografa. A legare i
due creativi non è solo
la semplice messa in discussione
della cultura precedente: in
mezzo c’è la reinvenzione
di un concetto di libertà
artistica, lì con gli
attori, qui con i ballerini;
lo scambio di ruoli che Wenders
percepisce fra questi due mestieri,
il ballerino che diventa attore
sul suo palco, l’importanza
del gesto, l’interscambiabilità
tra abito di scena e nudo. E
ancora, il riferimento alla
più alta cultura tedesca,
Goethe, il romanticismo, il
fantastico, l’epico e
infine la poetica del viaggio,
cara ai due amici, sin dagli
inizi.
Il progetto di un film
insieme si concretizza nel 2008.
Wim Wenders inizia
a filmare le principali componenti
del repertorio di Pina, da Le
Sacre du Printemps e Kontakthof
fino all’ amato Café
Müller, con un occhio documentaristico
e al tempo stesso sempre più
prossimo al film d’artista.
Appena un anno dopo, nel novembre
del 2009, Pina Bausch
abbandona il progetto, sconfitta
dal cancro.
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La
morte dell’amica coreografa
non dissuade il regista dal
proseguire con il lungometraggio,
pur convincendosi di dover ormai
realizzare non più un
film con Pina Bausch ma per
Pina Bausch.
In Pina, Wim
Wenders ha realizzato
un film che sfrutta, con ragionevolezza
e senza aspirare unicamente
al box office, le potenzialità
della tecnica 3D.
L’idea di utilizzare la
tecnica nuova è venuta
al regista dopo aver partecipato
alla proiezione di U2 3D, film-concerto
su uno show della rock band
irlandese: «Ho realizzato
che le due dimensioni dello
schermo cinematografico non
sono in grado di catturare il
lavoro di Pina Bausch, né
a livello emozionale né
esteticamente. E questa magia
era ciò che avrei voluto
trasportare sullo schermo».
Grazie al 3D Wenders trasporta
sul grande schermo il teatro-danza
di Pina Bausch
e l’effetto caleidoscopico
che i suoi spettacoli avevano
sul pubblico. Le
sequenze girate in locations
industriali e decadenti,
ricordano la migliore fotografia
del regista e hanno come sfondo
Wuppertal, città industriale
della Vestfalia, cara alla Bausch
che qui ha lavorato per quarant’anni
e set di uno dei capolavori
di Wenders, Alice nelle
città. La presenza
nel film di questo luogo comune
ad entrambi, oltre ad avere
un significato sentimentale,
ha senz’altro dotato le
sequenze coreografiche di maggior
naturalezza e ha permesso ai
ballerini/attori di muoversi
con familiarità in un
contesto già conosciuto.
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Dopo
tante opere deludenti il rinnovato
senso estetizzante di cui questo
film di Wenders
è pervaso, restituisce
al pubblico l’emozione
che da tempo mancava nei lavori
del regista tedesco. Forse ispirato
più di quanto si sia
detto dal legame affettivo con
Pina Bausch, il regista
tedesco si allontana dal documentario
e si accosta nuovamente al film
d’autore, pur
in chiave del tutto inedita.
Dagli spazi bui illuminati solo
dai gesti dei ballerini alle
lunghe sequenze danzate in abiti
colorati e fluttuanti, ogni
momento del film celebra la
vitalità del gesto artistico
cui è affidato il compito
di far apparire questo film
come un omaggio non alla defunta-Pina,
ma alla sua arte, viva più
che mai.
Per questa ragione risultano
superflue e fin troppo poco
efficaci le interviste a collaboratori,
ballerini, amici di Pina Bausch,
inserite nel film. Questa operazione
documentaristica - oltre a spiazzare
lo spettatore - finisce per
distrarlo da un prodotto di
rara bellezza artistica che
incanta, a prescindere dal nome
del suo regista, ma che in questo
nome trova ancora una volta
garanzia di un cinema intenso,
toccante e delicato. |
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PINA
un film di Wim
Wender
Fornito
da bimfilm.com
Foto:
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Aurora
Tamigio
Pubblicazione Gennaio 2012 |
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Aurora
Tamigio |
Dopo la maturità scientifica
si è laureata in Lettere
Moderne, con indirizzo storico-artistico,
all'università di Pavia.
Oggi è iscritta alla
facoltà di Storia dell'Arte
e lavora presso l'ufficio stampa
di una nota casa editrice.
Collabora come redattrice per
testate web con attenzione alle
pagine culturali e di opinione.
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PINA
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