Nel
1784 l’architetto Lorenzo
Boschetti inizia la costruzione
di Palazzo Venier. Il progetto
è grandioso, forse troppo
per essere affacciato al Canal
Grande, così, dopo qualche
anno, i lavori vengono interrotti.
Si può dire che questo
sia il primo atto di quello
che è oggi la sede della
Collezione Peggy Guggenheim
di Palazzo Venier Leoni, dopo
essere stata abitazione privata
della stessa Peggy.
Costruzione travagliata per
collezione travagliata, e senza
poter prescindere dalla biografia,
direi anche vita travagliata.
Nipote del già collezionista
d’arte Solomon Guggenheim,
Peggy ha una vita intensa
tra la Francia, gli Stati Uniti
e l’Inghilterra. È
abituata a frequentare gli artisti
e sono proprio loro, Duchamp,
Ernst, Read, dal 1938,
ad indirizzarla al gusto contemporaneo,
del quale lei si considera ignorante,
avendo fatto studi sul Rinascimento.
Il primo nucleo dell’attuale
collezione venne istituito con
la Galleria Guggenheim Jeune
in Rue de Colysèe a Parigi:
inizialmente furono esposte
solo opere del marito
Laurence Vail, ma passo
passo la collezione si allarga:
provocare il pubblico era come
fare della pubblicità,
ed è con la pubblicità
che si forma il gusto del pubblico.
Il suo criterio di scelta delle
opere fu sempre la vitalità
che queste le ispiravano: quando
un’opera sembra viva,
allora è da comprare;
in questo è sempre sostenuta
dal critico Herbert
Read, direttore artistico delle
sue gallerie.
Si spostò così
a Londra con una seconda
Guggenheim Jeune, dove
la prima esposizione rischiò
di essere proibita dall’allora
direttore della celeberrima
Tate Gallery, che vedeva nelle
opere proposte un tentativo
di distruggere il gusto classico
occidentale. Nel biennio
1938-39 Peggy conquista al stima
e il rispetto del pubblico,
ma all’apice del successo
londinese scoppia la guerra
e nessuno può permettersi
di comprare le opere. Per non
deludere gli artisti suoi cari
è proprio lei ad acquistare
i loro lavori, allargando così
sempre più la sua collezione.
Avendone ormai un certo numero
esprime il desiderio di aprire
un museo d’arte
moderna a Londra, e
ne traccia le linee fondamentali:
deve essere un museo storico,
che evidenzi lo sviluppo dell’arte
dal 1910 al 1939. È ciò
che oggi caratterizza l’esposizione
veneziana, ma che a Londra non
si attuò per la guerra.
Peggy dovette infatti fuggire
a Parigi con l’intenzione
di comprare un’opera al
giorno. L’esercito arriva
a Parigi ma lei non si fa vincere
e nasconde le sue opere da un’amica
a Vichy, insieme ad alcuni artisti
ricercati, tra cui Marx Ernst
che la ringraziano donandole
importanti opere.
Alla fine decide di trasferirsi
a New York come
tanti intellettuali. Qui apre
una galleria sulla 57esima
e nomina direttore Kiesler,
membro del Die Stijl;
con lui progettano il nuovo
metodo espositivo basato sull’
“unità L e T”
ossia sulla “trasparenza
mobile dell’insieme dello
spazio”: le opere devono
essere presentate senza le cornici
che le imbruttiscono e ne diminuiscono
il valore, ma in una barriera
materiale attraverso cui lo
spettatore che guarda viene
proiettato dal mondo reale a
quello dell’arte. Oltre
ad essere la linea caratteristica
d’esposizione dei musei
Guggenheim nel mondo,
ha influenzato tutte le esposizioni
contemporanee. La sua fama accresce
sempre di più e riesce
a fare piccoli scambi con il
direttore del MOMA per arricchire
e valorizzare la sua collezione.
È in questi anni newyorkesi
inoltre che conosce Pollock,
allora carpentiere nel Solomon
Guggenheim, ne intuisce il valore
e gli propone uno stipendio
mensile per averne l’intera
produzione.
Finita la guerra si stabilisce
finalmente a Venezia:
espone alla Biennale e continua
a ingrandire la sua collezione.
È qui che finalmente
riesce ad aprire il
museo pensato a
Londra. Oltre all’unità
di L e T viene proposto un nuovo
metodo: le opere non sono accompagnate
da didascalie,e lo spettatore
incuriosito deve comprare il
catalogo; attraverso la vendita
dei cataloghi Peggy riesce a
mantenere la gratuità
dell’ingresso. La
linea di forza è sempre
la visione storica: dal cubismo
attraverso le avanguardie fino
alla pittura degli anni ‘60
.
Oggi tutto questo rimane, anche
il catalogo che riprende quello
steso da Peggy nel 1967. In
aggiunta troviamo numerose acquisizione,
che portano avanti quell’idea
di evoluzione dell’arte
in cui tanto credeva la Guggenheim.
E, come spesso nel collezionismo
artistico accade, se di base
c’è l’idea
di definire il processo evolutivo
dell’arte, il gusto di
Peggy e le vicende della sua
collezione, si evidenziano nella
presenza di alcune particolari
opere: il nucleo surrealista
è particolarmente
importante ed evidenzia il suo
gusto personale. Le numerosissime
opere di Max Ernst
sono simbolo sia della loro
storia d’amore che del
pegno pagato per l’aiuto
durante la guerra, Pollock
è il suo pupillo,
la scommessa più grande
e così via.
Nel 1980, a qualche
mese dalla morte di Peggy,
la collezione viene
comprata dalla Fondazione S.R.
Guggenheim, diventando
il più importante museo
italiano (e tra i più
importanti nel mondo) per l’arte
contemporanea della prima metà
del XX secolo.
A Palazzo Venier Leoni
non è presente solo la
collezione Guggenheim,
ma anche la collezione
Gianni Mattoli e il giardino
delle sculture Nasher.
E come tutte le istituzioni
d’arte oggi, si è
costituita un’ottima area
didattica. Oltre alle permanenti,
poi, vengono realizzate mostre
temporanea sia in loco che fuori.
Al momento è a Vercelli
la mostra “Peggy
e Solomon R. Guggenheim, le
avanguardie dell’astrazione”
che mira ad evidenziare le differenze
tra i due grandi del collezionismo
dello scorso secolo.
INFO
Palazzo Venier Leoni, via Dorsoduro
701, Venezia
LU- DOM 10-18
info@guggenheim-venice.it
www.guggenheim-venice.it
Rebecca Mombelli
Marzo-Maggio 2010
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