di Ignazio Fresu
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Ignazio
Fresu intervista Franco Farsetti di
FarsettiArte
IL DENARO NON FA LA QUALITÀ
FarsettiArte è
luogo d’aggregazione per collezionisti
e appassionati d’arte, uno spazio
che avvicina la città all’arte
visiva al livello di un museo internazionale.
Come è nata e come si confronta
oggi con il territorio la FarsettiArte?
Nel
1962 cominciamo a fare le aste e da
subito con grande successo perché
in Italia esistevano solo Breda e la
Finarte. Poi Breda chiude e restiamo
solo noi e Finarte. Diciamo che col
tempo sono maturate delle difficoltà
nei confronti con la città, i
frequentatori sono meno di prima. Anche
se la nascita del Centro Pecci ha dato
un impulso alla nostra attività
inizialmente, perché era percepito
come novità, successivamente
il sodalizio con la città non
ha tenuto e gli amministratori non hanno
saputo fare da trait-d’union.
E
tuttavia il rapporto con cittadinanza
sembra molto forte: FarsettiArte è
percepita collegata a Prato. Il rapporto
deficitario è con le strutture
politiche o con i pratesi in quanto
meno interessati?
Inizialmente
avere a Prato una casa d'aste era sentito
come una novità. Nei 62 il TG
dette per due volte la notizia della
nostra costituzione perché per
l'epoca era un avvenimento. Oggi però
siamo dovuti andare oltre Prato a Milano
e Cortina: i pratesi mi sembrano oggi
molto meno attenti di prima.
Forse la crisi
ha il suo peso
Non
necessariamente: gli occhi per guardare
non fanno crisi. Si può andare
all’esposizione di una casa d’aste
come si va a una mostra, e noi ne abbiamo
fatte di belle: Boccioni, Balla il Futurismo.
Ma, per esempio, con Utrillo a Prato
abbiamo avuto 20 visitatori. Cosa vuol
dire questo? Noi ci siamo organizzati
per proporre le mostre a Cortina e poi
svolgerle a Milano e per riportarle
poi a Prato. Ma dopo Utrillo dovremo
limitarci a Cortina e Milano.
Esiste
una differenza con le aste di arte contemporanea
che ben gestite e che sono di livello
internazionale? Forse sono frequentate
maggiormente, o no?
Se
devono verificare l’interesse
di Prato sono una pessima cartina di
tornasole perché le aste richiamano
una partecipazione da tutta l'Italia
con molta più frequenza da fuori
che da Prato.
Il
mercato dell’arte oggi si fonda
sempre più sul legame tra valore
artistico e valore economico, cosa pensi
del denaro come indice di qualità
di un’opera d’arte?
il
denaro non può fare la qualità
dell'arte che è una cosa in sé.
Certo c’è il percorso di
un grande artista che si afferma anche
economicamente e questo va bene ma ci
sono anche bufale in modo analogo a
quanto è successo per la borsa.
Ma il tempo è galantuomo, bisogna
vedere se fra cinque anni questi “squali”
restano o scompaiono.
Ultimamente
le quotazioni artistiche sono volate,
come interpreti questo fatto?
Si
lega a quanto detto sopra, Intanto se
c'è una bufala questa inizia
non dall'Italia ma da Londra e New York
dove tutto viene visto in funzione dei
soldi tanto che tutto il sistema risente
di questa impostazione. Ma il tempo
dà ragione a tutto. Ci sono degli
artisti che hanno fatto un escursus
con prezzi giusti.
In effetti bisognerà vedere per
esempio, se Jeffrey Koons rimarrà
famoso e se sarà ricordato solo
come il marito di Cicciolina.
Noi non facciamo mercato, facciamo anche
quello, ma di riflesso. E non possiamo
“inventare” un artista perché
ci vuole tutta una attrezzatura che
non abbiamo. Dobbiamo trovare un artista
che abbia fondato qualcosa, una scuola
di pensiero o qualcosa di simile. E
poi ci sono delle cose improvvise che
nessuno comanda e che magari poi scompaiono.
All’inizio
organizzavate salotti di artisti
Negli
anni Cinquanta è arrivato a Prato
Frank Burattin che, conoscendo artisti
e pittori, ha fatto venire una serie
di personaggi emergenti e poiché
l'unica galleria che aveva del credito
era la nostra, nella vecchia sede ebbe
inizio una certa aggregazione, dalle
6 alle 7 del pomeriggio. Io, ho avuto
delle lezioni di storia dell’arte
straordinarie, da personaggi come De
Micheli, Marchiori, Franco Russoli e
decine e decine di critici e poi tutti
i pittori, veneti, principalmente, ma
anche del milanese. Inoltre a Prato,
all'epoca c'era un gruppo di collezionisti
che compravano e quello che è
poi diventato il più grande collezionista
europeo, Gori Giuliano, anzi ormai una
istituzione europea che dagli anni Cinquanta
ha sempre creduto nell’arte e
ha sempre comprato.
Cosa
auspichi per Prato e per FarsettiArte?
Ora
è bene che la gestione passi
ai figli, e il cambiamento è
inevitabile: ci sono mezzi di comunicazione
nuovi, c’è internet e tutto
il resto. Diciamo che Prato comincia
a diventare stretta, non dico che debbano
spostarsi da Prato, ma devono andare
nel mondo: e del resto il 70/80 per
cento delle nostre vendite avvengono
al di fuori da Prato e non perché
ora c'è crisi, la percentuale
è questa ormai da dieci/quindici
anni a questa parte.
Se
ci fosse un personaggio come Burattin
oggi, potrebbe esserci una nuova fioritura?
Il
problema non sta tanto nei personaggi
come Burattin, ma nel fatto che non
c’è più aggregazione.
Oggi si vende a punti, si calcola se
l’opera è grande o piccina,
ma se è brutta è brutta
sia grande che piccola, non può
valere in proporzione. Gli artisti sembrano
tutti amici e poi c’è una
forte rivalità fra loro. Non
è che manchi manca l'amore per
l'arte, è che è tutto
finalizzato al denaro, ma dobbiamo tener
conto che il denaro finisce, prima o
poi. Di magnati ce ne sono pochi o non
ce ne sono più. Vien fuori una
specie di mercato che pompa i fenomeni.
Non è il mio caso, io fo il mercante,
compro e vendo. Però ormai ho
visto quattrocentomila quadri e un po'
di selezione la fo con gli occhi, quando
guardo. Oggi invece si va a trovare
l'assurdo, bisogna scioccare, e poi
magari dopo dieci anni il fenomeno costruito,
sparisce.
Ignazio
Fresu
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